venerdì 29 maggio 2009

Cap. 4 - Crisi finanziaria e mercati

E' un dato ormai noto ed acquisito che la crisi finanziaria ha avuto origine all'interno del sistema bancario e propagandosi attraverso il sistema finanziario ha contagiato l'intera economia mondiale, causando una grave recessione con perdita di milioni di posti di lavoro ed enormi costi per i bilanci pubblici. Per inciso, le spese nei vari interventi governativi a sostegno del sistema bancario sono stimate in circa $ 14 trilioni, o se si preferisce nel 25% del PIL globale.(*) Le cause della crisi del sistema bancario sono state individuate nell'eccessivo uso della cartolarizzazione dei mutui sub-prime.(1)

Molti commentatori hanno voluto vedere nell'eccessiva deregolamentazione dei mercati finanziari le cause della crisi auspicando una maggiore regolamentazione. E' vero che il "sistema bancario ombra", composto da società veicolo di emanazione bancaria
specializzate nella raccolta (all'ingrosso) del risparmio mediante il collocamento di prodotti strutturati di credito, scambiava i titoli tossici sui mercati finanziari non regolamentati (c.d. over-the-counter, otc), ma non possono essere addebitate alla deregolamentazione dei mercati le cause della crisi, che vanno piuttosto ricercate nelle regole di deconsolidamento accordate alle banche universali. Per inciso, l'espressione sistema bancario ombra denota quella massa di passivita' nascoste, originata dalle stesse banche universali, che non compare nei loro bilanci d'esercizio perche' deconsolidata, ma che deve essere onorata. Il sistema finanziario ombra scambia sui mercati non regolamentati i titoli rappresentativi della massa oscura della banca universale, che resta cosi' nascosta dietro un velo grazie alla compiacenza regolamentare delle banche centrali e delle altre autorita' indipendenti di controllo che ne' consentono il deconsolidamento. Parte di questa massa oscura che abbruttisce i bilanci delle banche universali, con la crisi dei mutui sub-prime si e' trasformata in cocenti e sonore perdite, e giace senza vita nei bilanci delle banche centrali di mezzo mondo, nell'illusoria speranza che un giorno possa resciuscitare a nuova vita, scatenando tempeste valutarie. Parte e' stata messa nelle tasche delle famiglie e delle imprese, che vedono sfilarsi redditi, posti di lavoro e crescita, in cambio di nulla. Parte si aggira ancora occulta e minacciosa per i mercati in attesa di essere collocata in qualche fondo o bilancio governativo a spese del contribuente.



In verita' tutti i mercati finanziari, ad eccezione del mercato "interbancario", sia regolamentati che non regolamentati, hanno funzionato bene in modo efficace ed efficiente nel prezzare sia i titoli atipici, sia le azioni delle banche in odore di fallimento. In particolare i mercati azionari sono stati molto preziosi per il sistema bancario che li ha efficacemente utilizzati per fare liquidita' ed onorare gli impegni.(2) Cio' ovviamente ha causato una caduta dei prezzi dei corsi azionari per la pressione dell'offerta sulla domanda, ma questo fa' parte del gioco(3). I mercati non regolamentati sono stati altrettanto efficienti nel prezzare i titoli atipici collegati alle cartolarizzazioni dei mutui sub-prime (c.d. titoli tossici), quando gli attori hanno capito che incorporavano buona parte di carta straccia nonostante i giudizi di ampia solvibilita' - rivelatisi poi del tutto inadeguati - attribuiti dalle agenzie di ratings.(4)

L'efficienza del mercato nel prezzare i titoli tossici ha comportato nell'immediatezza, in una relazione di causa-effetto, sia l'aggravarsi della crisi del mercato immobiliare per la scomparsa dei mutui sub-prime e la correlata domanda di immobili, sia la crisi delle compagnie di assicurazione monoline.(5)

L'unico mercato fallito e' stato - guarda caso - quello "interbancario", un mercato partecipato solo dalle banche in cui coloro che hanno liquidita' in eccesso rispetto alla domanda programmata di moneta la prestano a coloro che sono a corto. Tuttavia le motivazioni di questo fallimento - guarda caso - non sono state addebitare alla deregolamentazione quanto piuttosto all'asimmetria informativa che si e' venuta a creare tra prestatori e prenditori di moneta. In sostanza le banche non si fidavano piu' le une delle altre e non si prestavano i soldi a vicenda in quanto esistendo un sistema bancario ombra (fuori bilancio) nessuno sapeva distinguere la banche solventi da quelle insolventi.

In questo contesto le famiglie, nella maggior parte dei casi, hanno continuato a fidarsi del sistema bancario mentre questo non si fidava piu' di se stesso. In qualche caso c'e' stata la corsa agli sportelli. Emblematica quella del 13 settembre 2007 agli sportelli della banca britannica Northern Rock Bank(6). La banca fu salvata solo con un intervento straordinario della Banca D'Inghilterra e poi nazionalizzata.

Alla luce di tutte queste considerazioni amareggiano le conclusioni per l'Italia a cui e' giunta la 6^ Commissione permanente del Senato che addita il fallimento alla deregolamentazione dei mercati.

La Commissione (i) si interroga "sulla validita' dei principi sui quali si regge il rapporto tra le regole e funzionamento dei mercati", senza interrogarsi pero' sulla validita' dei principi che reggono il rapporto tra le regole ed il funzionamento delle banche e degli altri intermediari finanziari; (ii) non contesta la "natura strategica del settore" del credito rispetto all'economia reale avendo pur formulato su di esso "un giudizio preoccupato sulle responsabilita' sistemiche"; (iii) auspica inspiegabilmente, da un lato, che venga assegnata alla Banca centrale europea la competenza della politica "in tema di mercati finanziari" dopo quella esclusiva monetaria, mentre dall'altro lamenta:

  1. la "debole azione della vigilanza ed il mancato operare di meccanismi di controllo";
  2. fenomeni di azzardo morale, "comportamenti scorretti e violazione dei principi etici fondamentali" non certo dei mercati o dei risparmiatori;
  3. un doveroso "richiamo convinto e esplicito all'intero sistema bancario ... a porre al centro la tutela del risparmio" ed alle "autorita' di vigilanza e controllo sulla necessita' di compiere ogni ulteriore sforzo al fine di garantire pienamente l'affidamento che imprese e risparmiatori ripongono nel sistema bancario" pena la continua perdita di fiducia e credibilita';
  4. la presenza di un "sistema bancario ombra" contrastata dalla netta affermazione del Governatore della Banca D'Italia dell'inesistenza di un tale sistema "fondato sulla circolazione fuori bilancio di prodotti tossici";
  5. la preoccupazione per (a) "la mancata trasparenza dei bilanci delle banche"; (b) "la violazione di regole prudenziali da parte delle banche nell'utilizzazione di strumenti finanziari derivati"; (c) "la posizione decisamente attendista delle autorita' di vigilanza su tali comportamenti"; (d) "la diffusione incontrastata di prodotti finanziari non iscritti a bilancio"; (e) la "perdita di credibilita' ed affidamento del sistema bancario" in relazione "a meccanismi di finanziamento e copertura dei rischi, posti a carico dei risparmiatori";
  6. un esplicito richiamo alla responsabilita' degli amministratori e dei dirigenti delle banche "al rispetto dei principi etici e deontologici all'altezza del ruolo".

Come dire, risparmiatore se ti butti nel fuoco ti fai meno male!

Tutto questo quindi la dice lunga sul potere acquisito dal gruppo di interesse del sistema bancario. Questa lobby e' chiaramente in grado di soggiogare gli uomini politici ai piu' alti livelli. Il Governo infatti, anziche' mettere in discussione tutta una serie di prerogative del sistema bancario - che vanno dalla autonomia ed indipendenza della banca centrale attinente alla vigilanza degli intermediari, alla negata liberalizzazione del mercato del credito con l'attribuzione della riserva della raccolta del risparmio tra il pubblico - cosa fa', tappa i buchi, si cala le braghe e pianifica di investire di nuovi poteri e prerogative quelle istituzioni dimostratesi per competenza tecnica, prestigio, elevatura morale dei suoi uomini, ben poco affidabili per il compito che era stato loro fiduciosamente conferito di ridurre l'asimmetria informativa tra famiglie ed imprese.

Pare veramente assurdo e sconcertante che di fronte ad una crisi causata da un sistema bancario affetto da un'eccessiva e rischiosa concentrazione e da gigantismo incontrollato ed incontrollabile, si invochino ulteriori autorita' indipendenti di controllo sovranazionali(7) con potenzialita' altamente anti-democratiche e neo-corporativiste(8), anziche' molto piu' democraticamente e legittimamente reintrodurre obblighi di specializzazione del sistema bancario tali da ridurre la dimensione degli intermediari(**) ed introducendo fattori di liberalizzazione del mercato del credito quali l'abrogazione del divieto della raccolta del risparmio tra il pubblico per eliminare l'oligopolio delle banche nel settore, "polverizzare" l'offerta e ridurre il rischio sistemico attraverso il frazionamento e la distribuzione del rischio di credito all'interno di un numero maggiore di competitori che siano banche vere, e quindi senza la possibilita' che il rischio di credito possa essere ri-scaricato sui risparmiatori. (8bis)

Una reale autonomia decisionale del mondo politico avrebbe dovuto portare a conclusioni diametralmente opposte a quelle della Commissione sopra rappresentate, che mirano a premiare anziche' punire chi ha sbagliato. Meritavano forse maggior peso certe considerazioni svolte dalla Consob(9): "La crisi dei prestiti interbancari, che assicurano i flussi di liquidita' necessari a garantire l'operativita' delle banche e il rifinanziamento delle posizioni in scadenza, e' la causa patologica originaria che i Governi mondiali devono affrontare per risolvere la crisi e non solo per curare i suoi sintomi e i suoi effetti degenerativi". La Consob cosi' si e' espressa a parole, ma nei fatti anch'essa ha attacato l'asino dove voleva il padrone ed ha vietato - senza successo - le vendite allo scoperto(10) motivando la scelta "volta a limitare la speculazione" non certo ai danni dei risparmiatori, quando era noto che le banche dovevano vendere azioni per procurarsi liquidita'.

A sostegno del fatto che i mercati hanno funzionato bene anche nel tempo di crisi e che non sono la sua causa, si riporta quanto confermato dalla Consob, ossia che "non ha registrato condizioni anomale dei mercati ne' tanto meno situazioni di violazione di norme e regole di condotta".

Certo questo veniva confermato ai primi di ottobre 2008, ed oggi?

Oggi i mercati rischiano di essere manipolati dal sistema bancario grazie alle quasi infinite risorse monetarie messe a disposizione dalle banche centrali con operazioni definite "non convenzionali" (c.d. quantitative easing)***. Gia' negli anni trenta, durante la crisi del 1929, la reputazione di blasonate banche d'affari e' stata fortemente compromessa da comportamenti che paiono implicare la manipolazione dei mercati.(10) D'altro canto e' noto che i mercati borsistici statunitensi dopo le violente perdite accusate in un primo periodo recuperano terreno sino quasi a pareggiare le iniziali perdite, per poi discendere rapidamente ed inesorabilmente ben al di sotto dei minini precedenti. Nessuno assicura che l'iniziale recupero di allora prima del crollo definitivo non fosse il frutto di una manipolazione.

La manipolazione dei mercati finanziari ad opera del sistema bancario e' un rischio reale. Alcuni ricercatori ritengono tale rischio di manipolazione delle quotazioni effettivo nel momento in cui gli intermediari bancari intervengono sul mercato come market maker in quei programmi sponsorizzati dalle societa' di gestione del mercato per aumentare la liquidita' del mercato medesimo.

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(*) cfr. Banking on The State, Piergiorgio Alessandri & Andrew G. Haldane, Bank of England, Nov.2009, [http://www.bankofengland.co.uk/publications/speeches/2009/speech409.pdf]

(**) E pur si muove! 21 gennaio 2010, il Presidente degli Stati Uniti D'America, Barack Obama annuncia provvedimenti normativi diretti al settore bancario atti a (i) introdurre limitazioni all'esercizio dell'attivita' bancaria (limit the scope) quali il divieto all'esercizio di attivita' trading proprietario, di investimento in hedge funds e fondi di private equity; (ii) introdurre limitazioni alle quote di mercato (limit the size) detenute da singole istituzioni bancarie e finanziarie. Gli annunciati provvedimenti sono stati motivati dall'intento (i) di frenare un'eccessiva assunzione di rischi da parte delle banche e (ii) di proteggere i contribuenti dai costi di salvataggio a carico del bilancio pubblico di imprese finanziarie "troppo grandi per fallire" (too big, to fail). [http://www.whitehouse.gov/the-press-office/president-obama-calls-new-restrictions-size-and-scope-financial-institutions-rein-e]; Grafica interattiva della legge di riforma settore bancario e finanziario, approvata dal Senato USA, luglio 2010 (The Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act) [cfr. grafico riforma http://online.wsj.com/article/SB10001424052748704682604575369030061839958.html?#articleTabs%3Dinteractive]; [cfr. testo riforma http://www.sec.gov/about/laws/wallstreetreform-cpa.pdf]. Qualche giorno prima, Il 16 gennaio, Obama aveva annunciato una tassa per le maggiori banche tale da recuperare i fondi dei contribuenti spesi per il salvataggio del settore bancario dall'insolvenza. "We want the taxpayers’ money back, and we’re going to collect every dime." [http://www.whitehouse.gov/the-press-office/weekly-address-president-obama-vows-collect-every-dime-taxpayer-funds-helped-big-ba].
I due intenti - lobbies permettendo - sembrano apprezzabili, ma non c'e' alcuna rivoluzione copernicana del settore del credito, che potra' ancora contare su leva finanziaria e su bilanci, o artefatti con valutazioni molto soggettive e poco trasparenti, o peggio materialmente truccati come nel caso Lehman Brothers [Cfr. http://www.nytimes.com/2010/03/12/business/12lehman.html?hp; e' proprio il caso di dirlo: "lo scandalo Enron, da questo punto di vista, non e' servito a nulla!]. Le banche continuano ad operare in oligopolio realizzando gli extra-profitti procurati da antichi e tutt'ora vigenti privilegi, quali (i) la riserva di attivita' della raccolta del risparmio tra il pubblico ed (ii) il credito di ultima istanza, a carico del contribuente. Latitano principi contabili stringenti per dare certezza a solidita' e veridicita' dei bilanci delle banche, mancano norme di legge idonee a liberalizzare e modernizzare il mercato del credito, tali da consentire - almeno in parte - la disintermediazione del risparmio del sistema bancario. Queste regole di buon senso potrebbero pero' divenire ineludibili in un futuro prossimo, quando - per frenare l'inflazione galoppante e nel contempo sostenere gli investimenti delle imprese - l'unica ricetta disponibile sara' quella di rendere meno efficiente la creazione e la circolazione della moneta bancaria, e nel contempo fornire alle imprese l'accesso diretto alle risorse finanziarie in eccesso delle famiglie, ormai poco inclini ad accordare la loro fiducia ad un sistema finanziario bancocentrico in decozione. Con le regole attuali, solo decisori e burocrati miopi possono pensare di rinnovare fiducia al sistema bancario e perpetrare l'azzardo morale con risorse finanziarie del contribuente.

(***) cfr. Ben S. Bernanke, U.S. House of Representatives, Washington, D.C., 10 Feb. 2010, [http://www.federalreserve.gov/newsevents/testimony/bernanke20100210a.pdf]. Da segnalare l'affermazione (semplicistica e forse avventata) secondo cui le operazioni di innondazione di liquidita', c.d. di quantitative easing "...non hanno imposto costi ai contribuenti, anzi dette operazioni alla fine dei conti verosimilmente genereranno dei sostanziali ritorni per i contribuenti...". Sara' interessante verificare - alla fine della fiera - l'ammontare di questi "...significant positive returns..." e quali "...taxpayers..." ne avranno beneficiato. Sara' anche interessante verificare quanti di questi significativi vantaggi ci saranno ancora quando i contribuenti indosseranno le vesti di lavoratori/imprenditori o di risparmiatori/investitori o di consumatori e quindi quali saranno stati in concreto i risultati della politica economica e redistributiva della ricchezza portata avanti dalla Fed, con il dichiarato e principale scopo di stabilizzare il sistema finanziario.

(1) in gergo giornalistico e' stata coniata l'espressione "titoli tossici" per indicare tutta una serie di strumenti finanziari atipici (titoli atipici) divenuti illiquidi e che sono riferiti alle cartolarizzazioni dei mutui sub-prime scambiati su mercati non regolamentati (otc, over-the-counter): Residential Mortgage-Backet Securities (RMBSs); Asset-Backet Commercial Paper (ABCP); Collaterized Debt Obligations (CDOs); Credit Default Swaps (CDSs). In particolare, i CDSs sono essenzialmente un'assicurazione sul debito e sono costati ad AIG - American Internation Group la sostanziale nazionalizzazione da parte del Governo statunitense.


(2) Senato della Repubblica, Indagini conoscitive, XVI Leg. n. 29, marzo 2009 [http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/209203.pdf]

(3) una grande occasione per i piccoli risparmiatori, ma che certo non ha fatto piacere alle banche, tant'e' che oggi sono impudentemente a richiedere sotto l'egida della banca centrale, oltre alla competenza in campo monetario, anche la competenza in tema di mercati finanziari. Per la matematica, i mercati finanziari sono giochi a somma zero nel senso che se qualcuno guadagna +10, esiste necessariamente una controparte che perde -10, la somma e' sempre pari a 0. Le stanze di compensazione, o Clearing House, servono proprio a garantire che il gioco sia sempre a somma zero.

(4) le agenzie di rating (tre operatori sostanzialmente si spartiscono il mercato: Moody's, Standard & Poor's e Fitch Rating) sono enti privati che sulla base di metodi e modelli di valutazione matematici non resi noti, offrono valutazioni e stime sulla probabilita' di insolvenza degli emittenti strumenti finanziari. Ovviamente le valutazioni delle agenzie di rating non sono oggettive ma appunto stimate, e da qui l'annosa questione del conflitto di interesse tra l'agenzia ed il richiedente (e pagante) il giudizio di solvibilita'. Tale giudizio di regola dovrebbe essere inversamente proporzionale al rischio di insolvenza, secondo una tabella prestabilita. Alcuni notano l'anomalia della rilevanza pubblica che la regolamentazione di legge attribuisce al giudizio privato di solvibilita'. Tale rilevanza pubblica del giudizio si riscontra ad esempio nella regolamentazione degli standard gestione dei fondi pensione (c.d. ERISA negli USA Cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Employee_Retirement_Income_Security_Act, http://www.securitization.net/pdf/washing.pdf), obbligati ad investire in strumenti finanziari con voto non inferiore al c.d. investment grade, sicche' un'obbligazione che non ha ottenuto un buon giudizio di solvibilita' non puo' entrare nel portafoglio di un fondo pensione. Viceversa un'obbligazione che perde tale giudizio dovra' uscire dal portafoglio. E' ovvio che l'emittente ha tutto l'interesse che il giudizio di solvibilita' che lo riguarda sia il piu' alto possibile visto che per regolamento di legge il migliore giudizio amplia la platea dei potenziali acquirenti (oltre che ovviamente diminuire il costo finanziario del debito data la stima di un minore rischio di insolvenza). Sino all'attuale crisi il business delle agenzie di rating si e' retto sulla fiducia dei risparmiatori circa l'adeguatezza dei giudizi, in futuro probabilmente la sola fiducia potrebbe non bastare e le agenzie di rating saranno costrette a dare pubblica fede circa l'adeguatezza dei loro giudizi, con assunzione di responsabilita' verso gli investitori. Per quanto concerne l'errata valutazione dei rischi da parte dei mercati, questa non sarebbe frutto di asimmetrie informative bensi' secondo una speciale teoria di Bini Smaghi (Bce) [cfr. Reuters, 15/9/2010 http://it.finance.yahoo.com/notizie/ue-bini-smaghi-nuove-norme-bilancio-non-sufficienti-reuters_ids-32e994bc00ab.html], sono i mercati che semplicemente sbagliano a valutare i rischi. Secondo lui, non e' a causa dei trucchi della Grecia (che ha manipolato i propri conti con l'aiuto della Goldman per entrare nell'euro) se prima il rischio Grecia era sottovalutato, non e' colpa delle cartolarizzazioni truffaldine fatte delle banche (con le agenzie di ratings attribuivano triple A alla spazzatura) se i mercati hanno sottovalutato i rischi dei titoli legati ai mutui sub-prime, non sono le asimmetrie informative, o peggio la falsa e cattiva informazione finanziaria, che fanno sopravalutare o sottovalutare il rischio, sono i mercati che sbagliano! E magari c'e' ancora qualcuno che dubita del fatto che le banche centrali abbiano perso credibilita' o rigore.

(5) Sono compagnie di assicurazione (prevalentemente statunitensi, cfr. Ambac Financial Group - AFG, secondo bond insurer al mondo, il primo era ACA Capital Holdings) specializzate nel prestare garanzie su rimborsi di capitale e cedole di emissioni di tipo obbligazionario. Esse assicurano cioe' il detentore del titolo obbligazionario dall'insolvenza dell'emittente con specifici contratti assicurativi (Financial Guarantee Insurance - FGI).

(6) Nel Regno Unito il precedente caso di "corsa agli sportelli" (bank run) risale al 1866.

(7) Cfr. rapporto De Larosiére [http://ec.europa.eu/internal_market/finances/docs/de_larosiere_report_en.pdf]. Per gli USA, cfr. le proposte di cui al libro bianco (white paper) predisposte dalla Casa Bianca (White House) [http://media.washingtonpost.com/wp-srv/politics/pdf/nearfinaldraft_061709.pdf].

(8) In Italia, un esempio storico di corporativismo giuridico e' quello che riguarda la Carta del Lavoro approvata dal Gran Consiglio Fascista il 21 aprile 1927, e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 30 aprile 1927. Essa riporta le firme del capo del governo, dei ministri, dei sottosegretari, dei dirigenti del partito, dei presidenti delle confederazioni professionali dei datori di lavoro e dei lavoratori. All'epoca il Gran Consiglio Fascista non era ancora un organo di stato detentore del potere di approvare provvedimenti avente forza di legge alla stregua del Parlamento, ma semplicemente un organo di partito. Negli Stati Uniti il riferimento e' ad una legge del New Deal, il National Industrial Recovery Act (NIRA) che istitui' una National Recovery Administration (NRA) con il compito di sovraintendere alla stesura di "norme sulla concorrenza leale". Era essenzialmente un sistema di pianificazione economica privata ("autogoverno industriale"). Nel 1935, l'NRA fu dichiarata incostituzionale dalla Corte suprema. In questo senso il diritto corporativo nasce al di fuori di organi costituzionali deputati all'approvazione di leggi e regolamenti (funzioni legislative e regolamentari). Il diritto neo-corporativo trova le sue fonti nell'approvazione di atti normativi da parte organi autoreferenziali i cui componenti non sono democraticamente eletti. Ad esempio, secondo questa impostazione in Italia possono certamente identificarsi come organismi neo-corporativi, nel momento in cui emanano atti regolamentari senza adeguati passaggi parlamentari: la Banca D'Italia, la Consob, l'Isvap, l'Antitrust, il Cnipa e tutte le altre c.d. autorita' indipendenti, le Agenzie fiscali. Alcuni esponenti politici odierni, come Franco Frattini hanno auspicato - come per il passato - la costituzionalizzazione delle autorita' indipendenti per superare il dubbio circa il legittimo esercizio di potesta' regolamentari. Difatti, se il passaggio parlamentare risolve i dubbi da un punto di vista oggettivo della delega della potesta' legislativa (principio di legalita'), piu' dubbia pare l'investitura dell'organo extra-costituzionale che da un punto di vista soggettivo e' chiamato a fungere funzioni regolamentari (principio di legittimita'), in quanto a rigor di logica solo il Parlamento, o altro organo costituzionale individuato, e' legittimato a svolgere funzioni legislative e regolamentari (delegatus delegari non potest). [http://en.wikipedia.org/wiki/Delegata_potestas_non_potest_delegari]. Per maggiori approfondimenti sulle autorita' amministrative indipendenti, cfr. Camera dei Deputati, Commissione Affari Costituzionali, Indagine conoscitiva sulle autorita' amministrative indipendenti [http://www.camera.it/459?shadow_organo_parlamentare=1494&eleindag=/_dati/leg16/lavori/stencomm/01/indag/indipendenti]. Il problema principale che affligge queste autorita' consiste nel fatto che nel medesimo ente si sommano poteri di carattere esecutivo, regolamentare e giurisdizionale su interi settori economici ed importantissime materie, senza adeguate forme di controllo proprio in virtu' della rivendicata indipendenza. L'estrema gravita' della situazione puo' essere riassunta nelle parole di Saccomanni, Banca D'Italia: "l'attivita' di regolazione, di vigilanza e di garanzia in importanti settori dell'economia e' stata affidata a organismi pubblici imparziali (ndr. le autorita' amministrative indipendenti), caratterizzati da un alto grado di competenza tecnica e non soggetti all'indirizzo politico governativo" [http://www.bancaditalia.it/interventi/intaltri_mdir/Saccomanni_27_10_2010.pdf]. Va da se' chiedersi, se questi enti (extra-costituzionali) che regolano, vigilano e "garantiscono" importanti settori dell'economia non sono soggetti all'indirizzo politico governativo, a chi sono soggetti? E qui casca l'asino! Azzardando risposte, forse l'indirizzo politico della Banca D'Italia e' dettato dai proprietari delle quote di partecipazione? O forse dal lancio dei dadi? Forse l'indirizzo politico della Consob e' dettato dalle societa' quotate? O forse dalla contemplazione delle nuvole? Forse l'indirizzo politico dell'anti-trust e' dettato dalle multinazionali? O forse dalla casalinga di Abbiategrasso? Come si puo' ben capire, per l'Italia, e' costituzionalmente inaccettabile che enti privi di controllo democratico abbiano poteri di indirizzo politico per interi ed importanti settori, dell'economia e della societa', che non siano diretta espressione di attivita' Governative o Parlamentari. Poi sull'alto grado di competenza tecnica, meglio stendere un velo pietoso.
Per gli U.s.a., sull'argomento si segnala l'approvazione dell'emendamento promosso da Ron Paul [http://www.ronpaul.com/on-the-issues/audit-the-federal-reserve-hr-1207/], che rimuove le restrizioni al Government Accountability Office (GAO) di controllare le decisioni della banca centrale statunitense (FED), accusata di mettere in atto senza rappresentanza, non solo decisioni di politica monetaria, ma anche decisioni di politica fiscale ed economica in violazione del principio "no taxation without representation". (Cfr. Luigi Zingales, Il Sole24Ore, 1 dicembre 2009).
Per l'Italia, si segnalano diversi tentativi di riforma, in senso a-democratico, della Costituzione contenti la previsione di abrogare o modificare l'attuale art. 58. (Cfr. la c.d. "bozza Violante" progetto di legge della camera C. 553-A XV Legislatura). [http://legxv.camera.it/_dati/leg15/lavori/schedela/trovaschedacamera_wai.asp?PDL=0553]. Nel testo si prevede in particolare che i senatori, nonostante mantengano funzioni legislative, non siano piu' eletti a suffragio universale e diretto degli elettori. [http://it.wikipedia.org/wiki/Suffragio] In pratica si verrebbe ad introdurre anche in Italia quel deficit democratico che viene riscontrato nell'Unione Europea in capo alla Commissione ed al Consiglio dell'Unione europea. Il Consiglio dell'Unione europea infatti, pur essendo organo legislativo insieme alla Commissione non e' eletto a suffragio universale. Il Parlamento europeo, pur essendo eletto a suffragio universale e diretto dei cittadini, ha poteri molto limitati e di semplice controllo nel processo di formazione della legislazione comunitaria, in particolare regolamenti e direttive [http://www.dirittoeconomia.it/i_regolamenti_comunitari.htm]. In ordine alle motivazioni del deficit di sovranita' imputato comunque all'Unione europea cfr. la sentenza del 30 giugno 2009, Corte Costituzionale Federale Tedesca in Karlsruhe, per l'adozione da parte della Germania del Trattato di Lisbona, in base alla quale il Parlamento europeo non rappresentando un popolo ma una unione di popoli sulla base di trattati internazionali ha una legittimita' derivata da quella degli stati nazionali e pertanto incapace di incidere direttamente sulla sovranita' dei singoli stati per le decisioni in materie quali giustizia penale, monopolio della forza militare e civile, in materia fiscale (imposte e spesa pubblica), politica sociale, istruzione e sistema scolastico, informazione e comunita' religiose. Se a tutto cio' si aggiunge quanto e' stato detto e scritto in ordine al deficit di trasparenza con cui si e' giunti a definire la presidenza al Consiglio europeo in seguito al Trattato di Lisbona, la preoccupazione e' d'obbligo. Cfr. Timesonline del 17/11/2009 [http://www.timesonline.co.uk/tol/news/world/europe/article6919380.ece]. Intervento del 11/11/2009 al Parlamento europeo di Mario Borghezio [http://www.youtube.com/watch?v=0gZ7gDBs5WY]. Il diritto neo-corporativo in campo economico e' gia' operante in Italia da molti anni, come fonte esterna. L'illegalita' di norme esterne, come i regolamenti comunitari, dovrebbe discendere dal fatto che gli organi di produzione (consiglio e commissione) sono organi governativi e non organi parlamentari eletti a suffragio universale. Questo stato di cose si pone in palese conflitto con il nostro sistema costituzionale di democrazia parlamentare. Per rendersi conto di cio' basti pensare a quanto correttamente scritto da un insigne giurista come Valerio Onida, dato che i regolamenti comunitari non costituisco oggetto del giudizio di costituzionalita': alcune regole... sono stabilite da norme dell'Unione Europea e dunque, qualunque cosa dicesse la Costituzione italiana, resterebbero pienamente applicabili e vincolanti fino a quando non fosse il legislatore europeo a modificarle. [Cfr. http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-06-08/meno-lacci-centra-carta-080400.shtml?]. Sul punto si puo' capire la frustrazione di Berlusconi quando tuona contro la Corte Costizionale, difatti le "leggi di Berlusconi", forte dei voti di milioni di italiani, possono essere abrogate dalla Corte, mentre le "leggi di Barroso", senza nemmeno un voto degli italiani, possono essere abrogate solo da Barroso! E cio' - ma non solo per Berlusconi - e' sinceramente un paradosso! E' evidente quindi che se la Costituzione italiana abbisogna di revisione, questa in primo luogo dovra' coinvolgere la riformulazione dell'art. 11, tale da impedire che surrettiziamente possano operare nel sistema democratico parlamentare, norme di stampo neo-corporativo ed anti-democratico, come lo sono tra la altre, quelle portate nel'ordinamento dai regolamenti comunitari. Peraltro una migliore formulazione di questo articolo impedirebbe all'Italia di partecipare a guerre per la risoluzione di controversie internazionali, aventi ad oggetto interessi commerciali, come la guerra in Afghanistan. [Cfr. http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2010/05/31/visualizza_new.html_1817894958.html]. Difatti e' noto che le reali ragioni per cui l'Italia partecipa a tale conflitto (c'est l'argent qui fait la guerre) sono da ricercare nell'interesse a che gli oleodotti che porteranno il greggio dal Mar Caspio in Cina non saranno oggetto di continui e ripetuti atti di sabotaggio, come avviene in Nigeria, ed noto peraltro (pro-quota) il rilevante interesse dell'Eni nelle operazioni di estrazione nel Mar Caspio.

(8bis) La soluzione e' di per se' semplice, trasparente e ragionevole. E' stata fatta propria da personaggi di consolidata esperienza sul campo come Paul Volcker (cfr. c.d. The Volcker Rule), ma non piace al sistema neo-corporativo delle grandi banche universali, con al vertice le banche centrali. In Europa, ad esempio non c'e' nessuna intenzione di applicare la Volcker Rule [cfr. La Repubblica, 15 feb. 2010, http://www.repubblica.it/economia/2010/02/15/news/banche_no_della_ue_a_obama_non_in_linea_con_i_principi_del_mercato-2309581/]. Negli Stati Uniti, invece il dibattito e' accesso. L'alternativa alla Volcher Rule sarebbe la c.d. "vigilanza macro-prudenziale" da attribuire a nuove autorita' indipendenti create ad hoc, oppure alla banca centrale [cfr. Il Sole 24Ore, 19 feb. 2010, http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Italia/2009/commenti-sole-24-ore/19-febbraio-2010/controlli-binario-doppio.shtml?]. L'espressione deriva dall'aver scisso il concetto unitario di vigilanza sulla sana e prudente gestione delle banche in due sottoprodotti o surrogati concettuali: la vigilanza micro-prudenziale e la vigilanza macro-prudenziale. Ovviamente la distinzione non ha nessun significato di pregio. E' un'abile operazione di megamarketing [cfr.http://en.wikipedia.org/wiki/Megamarketing] per (a) consentire alla gia' potente neo-corporazione bancaria di acquisire poteri specifici in ordine alla regolamentazione dei mercati borsistici e dei loro attori, oggi troppo liberalizzati e liberi per i suoi interessi in momenti di crisi e per (b) far digerire l'ennesima fregatura all'uomo della strada, scaricando le responsabilita' delle proprie malefatte su qualchun'altro. Per memoria, si possono riassumere e sintetizzare nelle seguenti espressioni: autorita' indipendente, banca universale, stock option, cartolarizzazione o securitization, valore equo o fair value, merito creditizio o rating, i precedenti successi del megamarketing nell'economia della frode innocente [cfr. J.K. Galbraith, L'economia della truffa, 2004, http://books.google.it/books?id=FraCX-GLxFQC&printsec=frontcover&dq=galbraith&cd=8#v=onepage&q=&f=false]. Per il resto del dibattito, c'e' solo da aggiungere che se gia' oggi i governi non avessero l'autorita', oltre che la volonta', di liquidare le grandi istituzioni bancarie ed assicurative in stato di insolvenza, la cosa sarebbe gravemente preoccupante! Infine, pare ovvio che lo scopo della vigilanza macro-prudenziale non e' quello di evitare che il salvataggio dal fallimento di grandi istituzioni bancarie "interconnesse" pesi sul bilancio dello stato, dato che per evitare questo sarebbe sufficiente liberalizzare il mercato del credito abolendo la riserva di attivita' in favore delle banche della raccolta del risparmio presso il pubblico e smaltellare le banche centrali, visto che la crisi ha definitivamente sancito che esse non sono piu' in grado di svolgere le loro funzioni essenziali, che sono: (i) controllare la circolazione monetaria; (ii) fornire la liquidita' agli istituti insolventi (credito di ultima istanza); (iii) modificare il saggio di sconto allo scopo di frenare booms ed impedire depressioni (c.d. bolle speculative); (iv) aiutare e stimolare un ordinato sviluppo economico mediante l'espansione del credito (cfr. Clough - De Rosa). Il vero scopo che si prefigge la vigilanza macro-prudenziale e' invece quello di non perdere il pressoche' totale controllo, ad opera della neo-corporazione bancaria, dei flussi monetari che si realizzano all'interno del "modello del flusso circolare del reddito" [cfr. ivi Cap.2 - La crisi ed il modello del capitalismo]. Una breve divagazione con un "micro" esempio concreto puo' dare l'idea: in Italia esiste il c.d. risparmio postale, un consistente flusso monetario (raccolta netta 2008: € 14,5 mld.; stock 2008: € 175,1 mld.) che e' intermediato dalla Cassa Depositi e Prestiti, con l'ausilio degli uffici postali, per finanziare lo stato e gli enti territoriali (comuni, provincie e regioni). Il risparmio postale fino al 2003 sfuggiva al controllo del sistema bancario perche' raccolto dalle poste e gestito dalla Cassa DD.PP. in forma di ente pubblico governativo [cfr. http://www.cassaddpp.it/cdp/Areagenerale/Chisiamo/Lanostrastoria/index.htm]. Nel dicembre 2003, la Cassa DD.PP. e' stata trasformata in societa' per azioni (CDP SpA) ed il suo capitale sociale e' oggi detenuto per il 70% dal Ministero delle Finanze e per il 30% dalle fondazioni bancarie, ossia dal sistema bancario. Da allora, i principali esponenti della CDP S.p.A. ovviamente sono uomini fedelissimi del sistema bancario e sotto l'apellativo di "buoni postali fruttiferi" si celano in realta' strumenti finanziari derivati sempre piu' complessi. Oggi, il flusso monetario che fa' capo al risparmio postale e' quindi indubbiamente soggetto al controllo del sistema bancario, nonostante la partecipazione minoritaria nella s.p.a. (Cfr. Corte dei Conti, Del. 3/2010 del 26/2/2010, Rel. 3.6, pag.38). Quindi, la CDP SpA continua a raccogliere risorse monetarie con esplicita garanzia statale, emettendo complessi strumenti finanziari derivati sotto l'appellativo di "risparmio postale" ed a questa cassa oggi attingono anche le banche (€ 8 mld.) per finanziare le imprese [cfr. http://www.cassaddpp.it/cdp/OperatoriFinanziari/SostegnoallePmi/index.htm], poi si vedra'! Quando si dice l'italico ingenio della truffa innocente! [cfr. Relazione Corte dei Conti 2007-2008].
Ritornando al timore di perdita di potere economico e politico del sistema bancario, questo si materializza nell'espressione hedge fund, ed e' stato ben illustrato dalla BCE [cfr. Bini Smaghi, 21 gen. 2010, Milano, punto 3, http://www.ecb.int/press/key/date/2010/html/sp100129.it.html]. Pultroppo nell'autorevole intervento, per giustificare l'insostenibile pro domo sua, si fa' esclusivo riferimento alle "interconnessioni" tra operatori finanziari senza distinguere un fatto essenziale e non di poco conto, e cioe' su chi pesano le perdite finanziarie in caso di crisi. Nessun decisore, dopo il caso LTCM in cui la Banca d'Italia perse USD 100 milioni [cfr. http://riskinstitute.ch/146520.htm], si sognerebbe mai di addebitare al bilancio pubblico le perdite di un fondo di investimento privato (hedge fund). Diversamente, il fallimento di una banca universale che procura perdite di risorse finanziarie non solo proprie, ma in larga parte dei depositanti (c.d. risparmiatori inconsapevoli) costringe i governi ad intervenire attingendo al debito pubblico, pena la rivoluzione! Ma d'altro canto, sarebbe anche ingenuo pretendere che gli esponenti di enti preposti a garantire la sana e prudente gestione degli istituti bancari attribuiscano a loro stessi la responsabilita' del colossale fallimento del sistema bancario ancora oggi operante contro ogni regola del buon costume; molto meglio dare la colpa a soggetti non vigilati ed un po' sconoscuti alla massa, come gli hedge fund, altrimenti bisognerebbe ammettere anche la propria inutilita' o quanto meno la propria inadeguatezza nell'adempiere alle funzioni assegnate, e questa amara verita' comporterebbe anche conseguenze politiche negative, dato che la responsabilita' ultima di un sistema bancario mal congeniato e fondato sulla truffa, pesa in ultima istanza sul capo dei governi [cfr. http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2010/03/francia-regionali-sinistra.shtml?]. Lo stesso governatore della Banca d'Italia (cfr. Il Sole 24Ore del 16 settembre 2010) dopo aver sostanzialmente ammesso (punto primo) il fallimento delle banche centrali nel valutare e controllare il rischio e (punto secondo) la loro incapacita' a controllare quelle banche universali (transnazionali) che peraltro lui stesso ha contribuito a creare in Italia, con incentivi di ogni genere, si sente in dovere di chiedere (senza vergogna) sia di "rafforzare il mandato, l'indipendenza, le risorse e i metodi degli organismi di supervisione", sia "di includere nel perimetro normativo anche le fonti di rischio di sistema esistenti al di fuori di esse". In sostanza, secondo Draghi, le banche centrali e le altre autorita' indipendenti in campo economico-finaziario - nonostante il conclamato fallimento della loro missione - non solo non debbono vedere messo in discussione il loro ruolo di autorita' autoreferenziali, ma dovrebbero avere piu' potere, piu' soldi, piu' indipendenza e per di piu' dovrebbero avere una maggiore platea di soggetti sottomessa al loro controllo. L'escamotage di megamarketing questa volta si chiama "sistema bancario ombra". Come se questo sistema non fosse organizzato e organico alle attuali banche universali, ma qualcosa di esterno ed indecifrabile che deve essere messo sotto controllo. Sia chiaro che l'espressione sistema bancario ombra denota quella parte di passivita' (piu' che di attivita') delle stesse banche universali che non compare nei loro bilanci d'esercizio e che resta nascosta dietro un velo con la compiacenza delle banche centrali e delle altre autorita' indipendenti, com'e' d'uso in una grande famiglia neo-corporativa (dove le regole se le cantano e se le suonano a piacimento), e dove ci si guarda bene di discutere di liberalizzazione del mercato del credito per aumentare la concorrenza e diminuire il diametro dei buchi lasciati dai fallimenti delle banche universali. Anzi, meglio fare l'opposto con un po' di lobbing sui governi per indurli ad approvare norme che puntino ad introdurre ulteriori barriere all'entrata in grado di ridurre fortemente il numero dei soggetti presenti sul mercato. Per gente come Draghi e' urgente rafforzare l'oligopolio della corporazione di banchieri cosicche' questa possa continuare (data la crisi) a lucrare piu' del dovuto anche in altri ambiti non core da portare in house - attigui alle attivita' della banca (raccolta del risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito) - come le attivita' di concessione di finanziamenti, la prestazione di servizi di pagamento, la consulenza finanziaria, la mediazione creditizia, ecc. (cfr. D.Lgs. 141/2010) fino a ieri troppe libere per garantire, secondo costoro, la tutela del consumatore. "Piu' banca con vasellina per tutti!" e' il loro motto.


(9) Senato della Repubblica, Indagini conoscitive, XVI Leg., 31a seduta, 8 ottobre 2008, audizione Consob.

(10) In matematica finanziaria, e' dimostrato che la vendita allo scoperto assicura guadagni certi nei rari casi in cui - a causa di shock di mercato - i tassi a breve scadenza sono piu' alti di quelli con scadenze piu' lunghe. Una curva dei tassi di questo genere e' definita "curva dei tassi inversa" o "curva dei tassi negativa". [cfr. http://www.investopedia.com/terms/i/invertedyieldcurve.asp]. In passato si e' avuta una curva dei tassi di questo genere dopo l'attacco terroristico alle torri gemelle.

(11) v. J.K.Galbraith, The Great Crash, cap. III "In Goldman, Sachs We Trust" (il titolo e' chiaramente in antitesi con quanto scritto sulle banconote statunitensi "In God We Trust"). [http://books.google.it/books?id=l-xRKtKEpTwC&printsec=frontcover&dq=crash+galbraith] Per concludere resta molto chiara, e radicata nel corso del tempo, l'idea di Warren Buffet sull'argomento: "In God We Trust; all others pay cash". [http://www.berkshirehathaway.com/letters/2008ltr.pdf]



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